27 10 2009

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Memento

12 10 2009




I Nuovi Poveri – Reprise

22 09 2009

pov

Da Norman Foster a Bonelli, Erede, Pap­palardo. Gli studi pro­fessionali subiscono un duro contraccolpo dalla cri­si economica internazionale. Una flessione che ha intacca­to ricavi e occupazione. In Ita­lia le stime del Cup (Comitato unitario degli ordini e dei col­legi professionali) per il 2009 prevedono quasi 300 mila po­sti di lavoro persi da liberi pro­fessionisti a partita Iva che non possono contare su am­mortizzatori sociali o misure di tutela straordinarie. Specia­listi che dovranno riconvertir­si, sperimentare altri settori o addirittura cambiare lavoro. Ad accusare il colpo ci sono nomi illustri ma soprattutto una miriade di piccole realtà che nel 2008 hanno guadagna­to, in media 15 mila euro in meno, hanno dovuto ridurre il budget destinato alle consu­lenze e alle risorse umane, quindi tagliare contratti e po­sti di lavoro.

Tra le categorie più colpite gli architetti, legati a doppio fi­lo alla crisi dell’edilizia, al pun­to che firme di primo piano co­me l’olandese Erick Van Ege­raat chiude il suo studio mila­nese dopo lo stallo del proget­to Milanofiori. Turbolenze an­che per qualche grosso studio italiano, come il Cmr: «Il 2009 ha avuto un inizio abbastanza difficoltoso — conferma Mas­simo Roj, amministratore dele­gato dello studio — a gennaio abbiamo avuto un blocco di 5-6 lavori di grandi dimensio­ni, a febbraio abbiamo inizia­to la sospensione di alcune collaborazioni in funzione di questi blocchi improvvisi. A febbraio abbiamo dato la so­spensione a 25 collaboratori su 130. Ma a giugno due dei clienti stranieri che avevano bloccato i lavori hanno vendu­to le operazioni a italiani che ci hanno affidato l’attività so­spesa e abbiamo preso altre 15 persone» Oltre ai dipendenti degli stu­di professionali, che sono cir­ca un milione, e che restano le prime vittime della crisi, ci so­no i professionisti autonomi che lavorano in proprio o so­no titolari degli studi. Si tratta di circa 800 mila persone, dice Gaetano Stella, presidente del­la Confprofessioni, associazio­ne che rappresenta i liberi pro­fessionisti. Qui, spiega, la crisi ha colpito «a macchia di leo­pardo ». Quelli che stanno peg­gio sono architetti e ingegneri, con un calo del fatturato del 30%, a causa del mercato im­mobiliare fermo. Una situazio­ne analoga riguarda i notai: so­no crollate le compravendite, le stipule di mutui, le costitu­zioni di società. Calo del 15% del fatturato per le professioni economiche (commercialisti, ragionieri, consulenti del lavo­ro) che hanno visto ridursi il lavoro da parte delle aziende. Guadagni in diminuzione an­che per i dentisti perché «i pa­zienti, se non hanno urgenza, rimandano a tempi migliori gli interventi importanti».

Forte crisi anche per gli av­vocati: uno studio prestigioso Bonelli, Erede, Pappalardo ha abbassato il numero dei colla­boratori, ha chiuso la sede ita­liana di White & Case, studio internazionale americano con sede a Milano. Cambi anche nello studio Ashurst: Riccardo Agostinelli e Lorenzo Vernetti (entrambi fondatori della se­de italiana) si sono spostati in Latham & Watkins. «In difficol­tà sono soprattutto i giovani — dice Maurizio de Tilla, pre­sidente dell’Oua, l’organismo unitario dell’avvocatura — quelli che fanno gli avvocati d’ufficio e che non ricevono i compensi dallo Stato da due anni». Come se non bastasse, le sti­me prevedono, per tutta la ca­tegoria, che la crisi si inasprirà nei prossimi mesi e nel 2010 perché le parcelle arrivano sempre in ritardo rispetto alla prestazione. «Il disagio econo­mico è dato da molteplici ra­gioni — afferma Guido Alpa, consiglio nazionale forense —. La diminuzione dei redditi ha influito sulle scelte riguar­danti gli investimenti nelle strutture professionali e gli eventuali tagli. Occorrerebbe rivisitare il sistema fiscale, che oggi affligge senza alcuna logi­ca (che non sia quella puniti­va) le professioni intellettua­li ». Acque agitate anche tra i consulenti del lavoro: le azien­de entrano in crisi di liquidità, mettono in mobilità i lavorato­ri e cominciano a rallentare i pagamenti. «In certi casi ab­biamo sostituito le banche nel credito alle imprese — com­menta Marina Calderone, pre­sidente del Cup, Comitato uni­tario degli Ordini e dei collegi professionali —. Il punto è che, non essendo aziende, sia­mo esclusi da protezioni o age­volazioni. Ciò che chiediamo sono interventi di sostegno so­prattutto per le fasce deboli: i giovani professionisti e per le donne». La conferma delle difficoltà arriva da professionisti affer­mati e molto noti come quelli dello studio Attilio Miotto di Padova oppure dallo studio di consulenza del lavoro «Signo­rini » di Firenze, Alessandro Si­gnorini, partner: «Abbiamo bloccato le assunzioni — affer­ma Alessandro Signorini, part­ner — ma non abbiamo sospe­so le collaborazioni. Però se la situazione congiunturale do­vesse perdurare, saremo co­stretti a ridurre il personale».

Da Corriere.it





Legge Regionale Toscana 24/2009

15 05 2009

Legge regionale Toscana 8 maggio 2009, n. 24

Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente

Bollettino Ufficiale n. 17, parte prima, del 13 maggio 2009

Art. 1

– Finalità

1. La presente legge è finalizzata al rilancio dell’economia, risponde alle esigenze abitative delle famiglie ed interviene sulla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, in coerenza con i principi e le finalità della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (Norme per il governo del territorio), favorendo gli interventi edilizi diretti a migliorare la qualità architettonica, la sicurezza, la compatibilità ambientale, l’efficienza energetica degli edifici e la fruibilità degli spazi per le persone disabili. La presente legge ha carattere straordinario e consente la realizzazione degli interventi edilizi in essa previsti solo se sia presentata denuncia di inizio dell’attività entro il termine perentorio di cui all’articolo 7, comma 2.

Art. 2

– Definizioni e parametri

1. Ai fini della presente legge, sono stabilite le seguenti definizioni:

a) per edifici abitativi si intendono gli edifici con destinazione d’uso residenziale, nonché gli edifici rurali ad uso abitativo necessari alle esigenze dell’imprenditore agricolo, a quelle dei familiari coadiuvanti o degli addetti a tempo indeterminato impegnati nell’attività agricola;

b) per superficie utile lorda si intende la somma delle superfici delimitate dal perimetro esterno di ciascun piano il cui volume sia collocato prevalentemente o esclusivamente fuori terra. Nel computo di detta superficie sono comprese le scale, i vani ascensore, le logge e le porzioni di sottotetto delimitate da strutture orizzontali praticabili con altezza libera media superiore a due metri e quaranta centimetri, mentre sono esclusi i volumi tecnici, i balconi, i terrazzi, gli spazi scoperti interni al perimetro dell’edificio e i porticati condominiali o d’uso pubblico;

c) per centri abitati si intendono quelli all’interno del perimetro individuato:

1) dal regolamento urbanistico ai sensi dell’articolo 55, comma 2, lettera b) della l.r. 1/2005 , qualora i comuni abbiano approvato o anche solo adottato detto atto di governo del territorio;

2) dagli strumenti urbanistici generali o dai regolamenti edilizi, qualora i comuni non abbiano approvato o anche solo adottato il regolamento urbanistico di cui all’articolo 55 della l.r. 1/2005 ;

3) in applicazione della definizione dell’articolo 3 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in mancanza di perimetri negli strumenti urbanistici o nei regolamenti edilizi di cui al numero 2);

d) per distanze minime e altezze massime dei fabbricati si intendono quelle definite dagli atti di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici. In mancanza di definizioni contenute in detti atti, si fa riferimento a quelle definite dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765 ).

Art. 3

– Interventi straordinari di ampliamento

1. Nel rispetto di quanto previsto nel presente articolo e nell’articolo 5, sono consentiti interventi edilizi di ampliamento di ciascuna unità immobiliare fino al massimo del 20 per cento della superficie utile lorda già esistente alla data del 31 marzo 2009 e legittimata da titoli abilitativi, comunque fino ad un massimo complessivo per l’intero edificio di settanta metri quadrati di superficie utile lorda; detti interventi possono essere realizzati solo su edifici abitativi aventi alla data del 31 marzo 2009 le seguenti caratteristiche:

a) tipologia monofamiliare o bifamiliare;

b) tipologia diversa da quella di cui alla lettera a) con superficie utile lorda non superiore a trecentocinquanta metri quadrati.

2. Con gli interventi di cui al comma 1, non può essere modificata la destinazione d’uso degli edifici interessati.

3. Gli interventi di cui al comma 1 possono essere realizzati su edifici abitativi per i quali gli strumenti della pianificazione territoriale, gli atti di governo del territorio o gli strumenti urbanistici generali dei comuni consentono la ristrutturazione edilizia con addizioni funzionali o incrementi volumetrici ulteriori rispetto a quelli ammessi per volumi tecnici o gli interventi di cui all’articolo 78, comma 1, lettere f), g) o h) della l.r. 1/2005  (Ristrutturazione Urbanistica, Addizioni Volumetriche, Sostituzione Edilizia, Nds.); detti interventi sono realizzati nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati ed in presenza di tutte le seguenti condizioni:

a) gli edifici siano situati all’interno di centri abitati oppure, ove collocati fuori dai centri abitati, siano comunque dotati di approvvigionamento idropotabile e di idonei sistemi di smaltimento delle acque reflue, secondo quanto previsto dalla vigente normativa;

b) gli edifici siano collocati in aree esterne agli ambiti dichiarati a pericolosità idraulica molto elevata e a pericolosità geomorfologica elevata o molto elevata dai piani di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) o dalle indagini geologiche allegate agli strumenti della pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio o agli strumenti urbanistici generali dei comuni.

4. Fermo restando il rispetto della normativa vigente in materia di efficienza energetica, gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati con l’utilizzo di tecniche costruttive di edilizia sostenibile che, anche attraverso l’impiego di impianti alimentati da fonti rinnovabili, garantiscano comunque, con riferimento alla climatizzazione invernale dell’ampliamento, un indice di prestazione energetica, definito dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia), inferiore almeno del 20 per cento rispetto al corrispondente valore limite indicato nell’allegato C, tabella 1.3 del medesimo d.lgs. 192/2005 ; in ogni caso, l’unità abitativa esistente interessata dall’ampliamento è dotata di finestre con vetrature con intercapedini di aria o di gas.

5. L’utilizzo delle tecniche costruttive di cui al comma 4 ed il rispetto degli indici di prestazione energetica di cui al medesimo comma 4, sono certificati dal direttore dei lavori o altro professionista abilitato con la comunicazione di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 86, comma 1, della l.r. 1/2005 ; in mancanza di detti requisiti, non può essere certificata l’abitabilità o l’agibilità dell’ampliamento realizzato.

Art. 4

– Interventi straordinari di demolizione e ricostruzione

1. Nel rispetto di quanto previsto nel presente articolo e nell’articolo 5, sono consentiti interventi edilizi di completa demolizione e ricostruzione con ampliamento fino al massimo del 35 per cento della superficie utile lorda già esistente alla data del 31 marzo 2009 e legittimata da titoli abilitativi.

2. Salvo quanto disposto dal comma 3, gli interventi edilizi di cui al comma 1 sono ammessi su edifici esistenti ed aventi esclusivamente destinazione d’uso abitativa alla data del 31 marzo 2009.

3. Gli interventi di cui al comma 1 sono consentiti su edifici all’interno dei quali siano presenti porzioni aventi destinazioni d’uso diverse e compatibili con la destinazione d’uso abitativa nella misura comunque non superiore al 25 per cento della superficie utile lorda complessiva dell’edificio medesimo; in tali casi gli interventi di cui al comma 1 sono consentiti a condizione che la superficie utile lorda di dette porzioni non sia computata ai fini dell’ampliamento e non sia aumentata.

4. Con gli interventi di cui al comma 1 non può essere modificata la destinazione d’uso degli edifici interessati. Il numero delle unità immobiliari originariamente esistenti può essere aumentato, purché le unità immobiliari aggiuntive abbiano una superficie utile lorda non inferiore a cinquanta metri quadrati.

5. Gli interventi di cui al comma 1 sono consentiti su edifici abitativi per i quali gli strumenti della pianificazione territoriale, gli atti di governo del territorio o gli strumenti urbanistici generali dei comuni consentono gli interventi di sostituzione edilizia di cui all’articolo 78, comma 1, lettera h) della l.r. 1/2005 , o gli interventi di cui al medesimo comma 1, lettera f); detti interventi sono realizzati nel rispetto delle distanze minime e delle altezze massime dei fabbricati ed in presenza delle seguenti due condizioni:

a) gli edifici abitativi siano situati all’interno dei centri abitati;

b) gli edifici siano collocati in aree esterne agli ambiti dichiarati a pericolosità idraulica molto elevata e a pericolosità geomorfologica elevata o molto elevata dai piani di bacino di cui alla l. 183/1989 o dalle indagini geologiche allegate agli strumenti della pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio o agli strumenti urbanistici generali dei comuni.

6. Qualora gli edifici abitativi siano situati all’interno di centri abitati e ricadano in ambiti dichiarati ad elevata pericolosità idraulica dai piani di bacino di cui alla l. 183/1989 o dalle indagini geologiche allegate agli strumenti della pianificazione territoriale, agli atti di governo del territorio o agli strumenti urbanistici generali dei comuni, il progetto allegato alla denuncia di inizio dell’attività di cui all’articolo 7 contiene le necessarie verifiche in ordine alla sicurezza delle persone e al non aumento della pericolosità idraulica nelle aree circostanti. Il progetto prevede, altresì, ove necessario, la contestuale realizzazione degli interventi di autosicurezza dal rischio di inondazione individuati dall’allegato A, paragrafo 3.2.2, lettera d) del regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale 27 aprile 2007, n. 26/R (Regolamento di attuazione dell’articolo 62 della legge regionale 3 gennaio 2005 n. 1 , “Norme per il governo del territorio” in materia di indagini geologiche).

7. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati con l’utilizzo di tecniche costruttive di edilizia sostenibile che, anche attraverso l’impiego di impianti alimentati da fonti rinnovabili, garantiscano comunque prestazioni energetiche nel rispetto dei seguenti parametri:

a) con riferimento alla climatizzazione invernale dell’edificio, l’indice di prestazione energetica, definito dal d.lgs. 192/2005 , è inferiore almeno del 50 per cento rispetto al corrispondente valore limite indicato nell’allegato C, tabella 1.3 del medesimo d.lgs. 192/2005 ;

b) con riferimento al raffrescamento estivo dell’involucro edilizio dell’edificio, la prestazione energetica, pari al rapporto tra fabbisogno annuo di energia termica per il raffrescamento dell’edificio, calcolato tenendo conto della temperatura di progetto estiva, secondo la norma UNI/TS 11300, e la superficie utile, è inferiore a trenta chilowattora per metro quadrato per anno.

8. L’utilizzo delle tecniche costruttive di cui al comma 7 ed il rispetto degli indici di prestazione energetica di cui al medesimo comma 7, sono certificati dal direttore dei lavori o altro professionista abilitato con la comunicazione di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 86, comma 1, della l.r. 1/2005 ; in mancanza di detti requisiti, non può essere certificata l’abitabilità o agibilità dell’edificio realizzato.

9. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati nel rispetto delle prescrizioni tecniche contenute negli articoli 8 e 9 del decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236 (Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche) e del regolamento emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale 9 febbraio 2007, n. 2/R (Regolamento di attuazione dell’articolo 37 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 “Norme per il governo del territorio” – Disposizioni per la tutela e valorizzazione degli insediamenti).

Art. 5

– Condizioni generali di ammissibilità degli interventi

1. Gli interventi edilizi di cui agli articoli 3 e 4 perseguono il fine del miglioramento della qualità architettonica in relazione ai caratteri urbanistici, storici, paesaggistici e ambientali del contesto territoriale in cui sono inseriti.

2. Gli interventi edilizi di cui agli articoli 3 e 4 non possono essere realizzati su edifici abitativi che, al momento della presentazione della denuncia di inizio attività di cui all’articolo 7, risultino:

a) eseguiti in assenza o in difformità dal titolo abilitativo;

b) collocati all’interno delle zone territoriali omogenee “A” di cui all’articolo 2 del d.m. 1444/1968 o ad esse assimilabili, così come definite dagli strumenti urbanistici generali o dagli atti di governo del territorio comunali;

c) definiti di valore storico, culturale ed architettonico dagli atti di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici generali;

d) vincolati quali immobili di interesse storico ai sensi della parte seconda del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio);

e) collocati nelle aree di inedificabilità assoluta come definite dall’articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie);

f) collocati nei territori dei parchi e delle riserve nazionali o regionali;

g) collocati all’interno di aree per le quali gli atti di governo del territorio o gli strumenti urbanistici generali prevedano l’adozione e approvazione di piani attuativi ai sensi dell’articolo 65 della l.r. 1/2005 .

3. Le altezze utili degli interventi non possono essere superiori a tre metri, salvo il rispetto delle norme igienico–sanitarie. Per gli interventi di cui all’articolo 3, è consentito l’ampliamento con altezze superiori ai tre metri senza superare l’altezza dell’unità immobiliare interessata dall’ampliamento. Per gli interventi di cui all’articolo 4, è consentita la ricostruzione dei locali con altezze superiori a tre metri, ove già esistenti nell’edificio oggetto di demolizione.

4. Le superfici utili lorde per le quali sia stata rilasciata la sanatoria edilizia straordinaria di cui alla l. 47/1985 , alla legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e alla legge regionale 20 ottobre 2004, n. 53 (Norme in materia di sanatoria edilizia straordinaria), ovvero per le quali siano state applicate le sanzioni pecuniarie di cui al titolo VIII, capo I, della l.r. 1/2005 :

a) sono computate ai fini della determinazione della superficie utile lorda già esistente di cui all’articolo 3, comma 1 ed all’articolo 4, comma 1;

b) devono essere sottratte dagli ampliamenti realizzabili ai sensi degli articoli 3 e 4.

5. Gli ampliamenti realizzabili in applicazione degli articoli 3 e 4 non si cumulano con gli ampliamenti consentiti dagli strumenti urbanistici generali o dagli atti di governo del territorio comunali sui medesimi edifici.

6. Alla data del 31 marzo 2009, le unità immobiliari interessate dagli interventi di cui all’articolo 3 o gli edifici interessati dagli interventi di cui all’articolo 4 devono risultare regolarmente accatastati presso le competenti agenzie del territorio ai sensi del regio decreto 8 ottobre 1931, n. 1572 (Testo unico delle leggi sul nuovo catasto) o ai sensi del regio decreto legge 13 aprile 1939, n. 652 (Accertamento generale dei fabbricati urbani, rivalutazione del relativo reddito e formazione del nuovo catasto edilizio urbano), convertito, con modificazioni, con legge 11 agosto 1939, n. 1249 . Qualora non regolarmente accatastati, per dette unità immobiliari o per detti edifici, devono risultare già presentate alla data del 31 marzo 2009, idonee dichiarazioni alle agenzie del territorio per l’accatastamento o per la variazione catastale.

7. L’accatastamento o la dichiarazione di cui al comma 6 riguardante le unità immobiliari o gli edifici con destinazione d’uso residenziale deve riferirsi alla categoria abitazione del catasto dei fabbricati, ai sensi della l. 1249/1939 .

8. L’accatastamento o la dichiarazione di cui al comma 6 riguardante gli edifici rurali ad uso abitativo necessari alle esigenze dell’imprenditore agricolo o alle esigenze dei suoi familiari coadiuvanti o dei suoi addetti a tempo indeterminato impegnati nell’attività agricola può riferirsi anche alla qualifica di fabbricato rurale del catasto dei terreni di cui al r.d. 1572/1931.

9. L’accatastamento o la dichiarazione per le porzioni di edificio di cui all’articolo 4, comma 3, aventi destinazioni d’uso diverse da quella abitativa, deve riferirsi alla categoria del catasto dei fabbricati corrispondente all’utilizzazione esistente di dette porzioni.

Art. 6

– Immodificabilità della destinazione d’uso e del numero degli alloggi

1. Non può essere modificata la destinazione d’uso degli edifici abitativi sui quali siano stati realizzati gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 oppure il numero degli alloggi legittimato dalla denuncia di inizio attività di cui all’articolo 7, se non siano decorsi almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori di cui all’articolo 86, comma 1 della l.r. 1/2005 .

Art. 7

– Titoli abilitativi degli interventi edilizi straordinari

1. Gli interventi di cui agli articoli 3 e 4 sono realizzati mediante la denuncia di inizio attività di cui all’articolo 79 della l.r. 1/2005 , nel rispetto delle disposizioni generali di cui all’articolo 82 e secondo il procedimento di cui all’articolo 84 della medesima l.r. 1/2005 . Nella relazione asseverata di cui al medesimo articolo 84, comma 1, oltre a quanto ivi previsto, è espressamente attestata la conformità delle opere da realizzare alle disposizioni della presente legge.

2. La denuncia di inizio attività di cui al comma 1 può essere presentata non oltre il termine del 31 dicembre 2010.

Art. 8

– Sanzioni

1. Nel caso di violazione delle disposizioni di cui all’articolo 6, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 132 della l.r. 1/2005 .

2. Nel caso di violazione delle disposizioni di cui agli articoli 3, 4 e 5, si applicano le sanzioni amministrative di cui al titolo VIII, capo I della l.r. 1/2005 , previste per gli interventi soggetti a permesso di costruire.

Pagliacci





Houston dice no alla zonizzazione

11 05 2009

Houston

Questo è un articolo del 1994, già apparso su “The Freeman” scritto all’indomani dell’ennesima bocciatura (referendaria) dell’ipotesi di introdurre anche a Houston (Texas) una forma di pianificazione pubblica del territorio. Professore di Letteratura americana e di Retorica alla St. John School di Houston, il professor Saltzman all’epoca era anche presidente dell’ufficio dei relatori della Houston Property Rights Association.


“Lo zoning viene rifiutato per la terza volta”, titolava l’edizione mattutina dello Houston Post del 3 novembre 1993. Come già avevano fatto nel 1948 e nel 1962, gli abitanti di Houston hanno votato ancora una volta per non modificare la più grande città d’America senza regole di zonizzazione.

“Dobbiamo fermare l’erosione della qualità della vita che si spande come un cancro in molti dei nostri quartieri. Questa gente sta implorando aiuto, lo zoning è la risposta” aveva detto il presidente dell’Associazione dei proprietari di casa di Houston ad agosto. Però la stragrande maggioranza dei cittadini di Houston non stavano chiedendo la zonizzazione. Gli ispanici e i neri a basso reddito hanno votato decisamente, rispettivamente il 58% e il 71%, contro tale misura che pure era stata promossa quale modo per “salvare” i loro quartieri. In un referendum a bassa affluenza, solo il 10% degli elettori registrati ha dato il proprio consenso alla zonizzazione, smentendo la pretesa dei sostenitori della stessa in merito all’esistenza di un diffuso scontento tra gli abitanti di Houston riguardo al loro “poco regolato” mercato immobiliare.

Infatti, con 17 diverse ordinanze sull’uso dei terreni che coprono argomenti così specifici come i campeggi per roulotte o l’urbanistica commerciale, la proprietà a Houston non è esattamente “poco regolata”. Ciò che si trae da questo dibattito svoltosi a Houston, ad ogni modo, è la sottolineatura dei vantaggi di una grande città che più di ogni altra in America fa affidamento al mercato per definire l’uso dei terreni.

Rischi esagerati

Con la zonizzazione una città può regolare la posizione e la struttura di ogni utilizzo dei terreni, che si tratti di realizzare case, distributori di benzina o bar. I suoi sostenitori ritengono che le case non protette dalla zonizzazione rischiano una perdita di valore della proprietà se nei loro pressi vengono costruiti un’impresa o condomini di appartamenti.

Non necessariamente. Fate un giro in centro a Houston e lo troverete pieno di nuove costosissime case costruite di fronte o a fianco di edifici commerciali o condomini preesistenti. Le persone che costruiscono e comprano queste case non sono stupide. C’è evidentemente un notevole mercato per case che si trovino in posizioni cittadine ben servite.

Questo crea dubbi sulla necessità della zonizzazione per proteggere o aumentare i valori della proprietà. All’interno di Houston ci sono due piccole città indipendenti, Bellaire e West University, che adottano la zonizzazione. Tra il 1970 e il 1980 i prezzi delle case a Bellaire e West University sono saliti più lentamente che in molte parti di Houston, incluse quelle senza una restrizione privata del quartiere contro attività commerciali e condomini. Infatti, tra il 1990 e il 1993, il prezzo medio delle case nelle due città in realtà scese, mentre cresceva velocemente in molti quartieri di Houston, con restrizioni o senza. I rischi economici delle case non protette dalla zonizzazione sono, nella migliore delle ipotesi, pesantemente sovrastimati.

Un’altra esagerazione è che senza lo zoning i quartieri composti da case unifamiliari saranno probabilmente infestati da attività commerciali e condomini. A Houston Heights, un quartiere centenario composto da 300 isolati, solo circa il 5% degli isolati residenziali ha restrizioni private. Inoltre, una legge che fu varata ancora ai tempi del proibizionismo impedisce la vendita di liquori negli Heights. Questi sono gli unici controlli sulla proprietà negli Heights nel corso degli ultimi cent’anni, a parte le delibere comunali.

Nonostante ciò, le case unifamiliari occupano l’86% dei lotti nelle strade secondarie. Le attività commerciali coprono il 7% del terreno; le aree industriali, meno del 2%; i condomini, meno del 2%; le chiese e le scuole, il 4%. Simili risultati nella distribuzione degli usi del territorio sono stati documentati in altri vicinati del centro privi di regolamentazioni. Perché questo accade?

A Houston gli usi del territorio tendono a differenziarsi tra loro in quanto gli investitori rispondono agli incentivi del mercato. Con il sistema di Houston, l’industria pesante si colloca volontariamente sui larghi tratti vicini alle ferrovie o alle autostrade, i condomini e i centri commerciali cercano vie molto trafficate, le stazioni di servizio si contendono gli incroci più frequentati.

Col mercato al lavoro non c’è bisogno di alcuna divisione in distretti imposta dal governo. Le attività commerciali che aprono all’interno di tranquilli vicinati residenziali difficilmente competeranno con stabilimenti che godano della visibilità e del traffico di una strada molto percorsa. Le attività commerciali che prosperano in mezzo alle case spesso soddisfano una forte domanda locale.

I meccanici della “Shade-tree” compaiono in quartieri a basso reddito per riparare le vecchie macchine che i proprietari non possono permettersi di rimpiazzare. I supermercati della “More and pop” riforniscono chi non ha macchine. Nel West End di Houston, un’area con una numerosa popolazione di artisti, troviamo eleganti e costose case di città inframmezzate da industrie e studi cinematografici. In giro per Houston, tali innesti di commerciale e residenziale a mutuo beneficio di entrambi riflettono la sensibilità del mercato ai bisogni del consumatore: una sensibilità non certo menomata dai gusti dei politici e dei burocrati.

Quanti temono la zonizzazione ignorano la capacità di autoregolamentazione del mercato. In presenza di una domanda stabile di case unifamiliari, i normali prezzi delle proprietà impediranno probabilmente la maggior parte degli usi “nocivi” – come discariche e officine – che necessitano di terreni a buon mercato. Senza rendersene conto, i proprietari di case hanno escluso questi usi attraverso le loro stesse libere scelte. Come dice l’esperto di zoning Bernard Siegan, “la restrizione più efficace è la competizione”.

Proteggersi da sé

Dal momento che il mercato crea un’ampia prevedibilità in merito all’uso dei terreni, chiunque può proteggersi da sé, in sintonia con i propri criteri, dagli usi che non gli piacciono. Egli può ricercare le proprie risposte in merito alla qualità della vita senza che il governo locale gli imponga la propria versione.

Coloro che apprezzano la vicinanza a una zona servita dal commercio al dettaglio possono vivere in vie molto frequentate o nei pressi di queste, e prendersi il rischio di affrontare maggior rumore e traffico di quanti ricercano la pace e la tranquillità di una strada secondaria residenziale. La necessità di tenere i bar lontani dai residenti è utilizzata di frequente per giustificare lo zoning, ma un abitante di Houston dice che gli piace vivere vicino a un bar perché “i clienti dei locali e il traffico pedonale sono deterrenti per il crimine”. A Houston, a ciascuno il suo.

Anche senza zoning, gli acquirenti di case che vogliano controllare lo sviluppo dei terreni nel loro vicinato hanno un’opzione chiamata “restrizione contrattuale” (deed restriction). Di norma, queste limitazioni legali sono introdotte dal costruttore iniziale per proteggere, nell’arco di 25 o 30 anni, tutte le proprietà comprate all’interno di una lottizzazione. Le restrizioni sono spesso rinnovabili dopo quel periodo e la maggior parte delle case di Houston costruite a partire dalla seconda guerra mondiale hanno tali restrizioni. Fatte rispettare dalle associazioni civiche con l’aiuto della città, queste limitazioni contrattuali possono impedirono ad attività commerciali o condomini di entrare entro una data area. Possono anche richiedere che i residenti mantengano curati i loro prati e dipingano le loro case solo con alcuni colori. Per quanto possano essere dettagliate, le restrizioni definite al rogito contengono regole volontariamente accettate dagli acquirenti delle case, diversamente dalle leggi imposte ai proprietari da una commissione di zonizzazione.

Prevedibilmente, coloro che promuovono la zonizzazione criticano le restrizioni contrattuali dicendo che sono protezioni orientate solo contro usi misti. Le restrizioni finiscono ai limiti della zona costruita, lasciando i residenti che si trovano ai limiti del vicinato relativamente non protetti da un condominio o un’attività commerciale. I sostenitori della zonizzazione vogliono essere garantiti con protezioni che né le restrizioni contrattuali né la naturale separazione della terra possono provvedere.

Ma sono veramente possibili queste garanzie, anche sotto la zonizzazione? A Forth Worth e Dallas, due città pianificate con la il sistema dello zoning, uno può notare un edificio a otto piani sovrastante le case vicine, un complesso di condomini ad alta densità e un centro commerciale che si trova dall’altro lato di una stradina dove si sono costruzioni residenziali, e un rigattiere e un gommista accanto alle case. Anche in Connecticut, severamente diviso in zone, uno può trovare una fabbrica subito dietro una casa, un nuovo supermercato che viene costruito di fianco ad abitazioni e un bar dall’altra parte della strada delle case – commistioni normalmente denunciate come incompatibili da quanti a Houston sostengono la zonizzazione.

Nei modelli di sfruttamento del territorio e nella prevedibilità di quei modelli, Houston e le grandi città che dispongono di piani regolari e zonizzazione sono assai più simili di quanto sono disposti ad ammettere coloro che sono favorevoli alla divisione. La differenza è che gli abitanti di Houston interiorizzano (con un discreto successo) i rischi che lo zoning cerca di controllare in altro modo amministrando i diritti di proprietà dei cittadini.

Il vantaggio di Houston

Questo è il vantaggio di Houston: la tutela dei diritti di proprietà. È vero: Houston ha ordinanze molto severe, ma essendo assente lo zoning i cittadini mantengono sulla loro proprietà molto di quel controllo che altrove è consegnato al governo locale. La zonizzazione fa crescere esponenzialmente l’opportunità dei funzionari pubblici di manipolare la proprietà privata per il massimo beneficio politico e di “imporre costi agli altri piuttosto che a se stessi”, come scrive l’economista Thomas Sowell. Sotto la zonizzazione, i beni locali e i servizi riflettono quei costi della regolamentazione che gli abitanti di Houston evitano.

Uno di quei beni è l’alloggio. Priva di zoning, Houston si classifica decisamente in testa alle maggiori città americane per quel che riguarda la capacità di trovare un alloggio a un prezzo abbordabile. “È più facile qui che in ogni altra grande città della nazione”, dice l’economista dell’università di Houston, Barton Smith. Secondo Smith, una ragione è la mancanza di zonizzazione. Nel 1991 un’indagine federale citò la zonizzazione come la maggiore causa della mancanza di case con prezzo abbordabile in America. Ma come fa la zonizzazione a rialzare il costo delle case?

Il piano di zonizzazione proposto a Houston ha mostrato come. Esso conteneva controlli alla densità di popolazione, una scelta che avrebbero portato ad affitti più alti per molti nuovi appartamenti e a un prezzo più alto per molte nuove case in città. In un caso, in effetti, un membro della commissione per la pianificazione congelò di fatto il rinnovo di un condominio di appartamenti per popolazione a basso reddito inserendolo in una zona destinata solo a case unifamiliari. In questo modo, la struttura divenne “non conforme all’uso previsto”, scoraggiando i finanziatori dal rischiare del denaro sul progetto. Alla lunga, la zonizzazione aumenta il costo delle case restringendo la loro disponibilità. Ironicamente, lo zoning rende tali cattive politiche una scelta prevedibile per le autorità comunali, perché i politici sono sensibili ai desideri dei proprietari di case politicamente influenti, i quali sono desiderosi che sia limitato lo sviluppo vicino ai loro quartieri. Nella Houston non divisa in zone, i costruttori possono aggiustare il numero di unità abitative per lotto al fine di soddisfare la domanda dei consumatori, ma non possono manovrare l’agenda di quanti controllano la zonizzazione.

Coloro che propongono la zonizzazione dicono che vogliono solo più potere di trattativa con quanti costruiscono sui terreni vicini alle case. Idealmente, essi sostengono, si potrebbe ottenere un compromesso sull’uso o sull’estetica in grado di creare una situazione vantaggiosa per tutti.

Beh: non esattamente per tutti. La concessione di costruire meno unità abitative all’interno di un complesso può alzare gli affitti in quel luogo, rendendo il prezzo così elevato da spingere alcuni individui fuori dal complesso. E la probabilità dei ritardi nella costruzione, conseguenza delle procedure e dei litigi derivanti dalla zonizzazione, produrrà costi tali da costringere allo stesso modo alcuni costruttori fuori dal mercato. Ad esempio, secondo un giornalista la zonizzazione e le conseguenti regolazioni dell’uso del terreno hanno incrementato i costi dell’edilizia ad Austin, in Texas: “I problemi – sia che comprendano l’opposizione del quartiere, nuove ordinanze, politiche non chiare o moratorie – significano ritardi, e i ritardi costano soldi”. Gli interessi dei consumatori e dei produttori più vulnerabili sono protetti da diritti di proprietà privata ben sicuri, e non già dallo zoning.

Questi diritti danno a Houston anche alcune opportunità d’impiego che la zonizzazione avrebbe rimosso. Un caso riguardò la Forged Vessel Connections, un’industria di componenti meccaniche. Durante gli ultimi 17 anni l’impresa ha avuto la propria localizzazione nel quartiere prevalentemente nero di Acres Homes e ha dato lavoro ai residenti e anche a persone provenienti da quartieri vicini. Ma con zonizzazione l’area della fabbrica fu inserita in un distretto residenziale, il che significava che l’edificio non poteva espandersi, causando così la fine dei progetti per aggiungere 36 nuovi posti di lavoro entro il 1996.

In assenza di zonizzazione, a Houston le aziende casalinghe sono comuni e operano in modo relativamente libero, dove non vi siano proibizioni dettate dal contratto d’acquisto. Ma il piano di zonizzazione ha un approccio differente: nessun dipendente a parte i residenti; nessuna insegna; nessun parcheggio per i clienti; nessun indizio esterno di attività commerciale. Per gli abitanti di Houston, un assaggio della legislazione che infetta le aziende organizzate all’interno della propria abitazione nel novanta per cento delle città americane. E la Houston Homeowner’s Association, uno dei soggetti più interessati alla zonizzazione, ha assicurato ai suoi membri che non c’era nessuna ragione per cui “gli standard delle aziende casalinghe debbano essere limitati con queste proibizioni”, suggerendo che ulteriori regole avrebbero potuto essere aggiunte più tardi.

La zonizzazione avrebbe creato una difficoltà ingiustificata per molti imprenditori. Ad esempio, una madre single ha avviato un servizio di assistenza telefonica nella sua stessa abitazione, assumendo altre donne del quartiere quali coadiuvanti. La zonizzazione l’avrebbe costretta a licenziare le impiegate o a prendere in affitto qualche locale come ufficio. Avrebbe potuto chiedere un’eccezione e pregare che le sue aspirazioni soddisfacessero i vicini e gli impiegati comunali. Questo scenario lede il principio che l’usare la proprietà privata per lavorare e assumere è un diritto, e non semplicemente un favore garantito dal governo locale.

I maggiori beneficiari del fatto che Houston non abbia abbracciato la zonizzazione non sono i ricchi e avidi imprenditori edili, come hanno sostenuto i fautori dello zoning. All’interno delle aree divise in zone i grossi impresari edili godono della competizione ridotta che è conseguente a questa politica e possono permettersi gli avvocati e gli altri consulenti necessari per ottenere eccezioni rispetto alle regole della pianificazione urbanistica. Quelli che hanno più da guadagnare dal libero esercizio dei diritti della proprietà privata, allora, sono i disoccupati e i poveri, quanti insomma hanno meno possibilità di sostenere i costi della regolamentazione.

Alcuni episodi esemplificativi di tutto ciò si ebbero negli anni Ottanta, quando Houston perse 250 mila posti di lavoro in occasione della “crisi petrolifera”. Uno dei reporter di Houston ha ricordato: “Poiché era pieno di quartieri dove non c’erano barriere significative alle aziende casalinghe, il licenziamento divenne un’opportunità, invece che una devastazione. Più di una volta ho visto i disoccupati diventare imprenditori”. Di frequente a Houston gli imprenditori dei quartieri ispanici nascono anche loro dalle imprese costruite nelle mura domestiche.

Case ad un prezzo abbordabile e vicine ai servizi di vendita al dettaglio, aziende casalinghe non penalizzate da regolamentazioni eccessive: tutte queste sono benedizioni, non cancri, di una città nella quale i singoli definiscono l’uso delle loro proprietà.

Al limite, la presenza della zonizzazione – non la sua mancanza – può essere negativa per un vecchio quartiere. Jack Harris, un economista del settore immobiliare, ha spiegato che “la zonizzazione causa problemi alla trasformazione dei quartieri. Anche se il mercato può indicare la necessità di un cambio nell’uso del territorio, la zonizzazione prova a ostacolare tale evoluzione”. Harris sottolinea che il mercato è più intelligente di burocrati e politici. Inesperti delle realtà dei mercati, essi possono provare a “migliorare” o “preservare” un quartiere espellendo con la zonizzazione la maggior parte delle attività commerciali e dei condomini, come se talune comunità sulla via del declino potessero essere rivitalizzante solo dal legiferare in favore di una domanda inesistente di case unifamiliari.

Il libero mercato nell’uso dei terreni non garantisce la rivitalizzazione di un quartiere. Ma lasciare decidere ai singoli su cosa fare delle loro proprietà può favorire il riutilizzo del territorio, specialmente quando un’attività commerciale o una costruzione multifamiliare può essere l’unica opportunità che rimane a un quartiere.

Infine, le restrizioni della zonizzazione ispirano solo i modi per aggirarle. Uno speculatore comprerà proprietà in zone rigidamente regolate e il cui prezzo sarà tenuto artificiosamente basso, e poi trarrà un enorme profitto negoziando con gli amministratori al fine di ottenere una classificazione meno restrittiva. Un tale schema favorisce quanti dispongono di agganci politici. Almeno, in assenza di zonizzazione i benefici maggiori vanno ai proprietari originari dei terreni, che possono vendere la loro terra al prezzo di mercato. In ogni modo, le forze del mercato prevalgono. La zonizzazione semplicemente rallenta tale evoluzione e la rende più costosa.

Per giunta, la zonizzazione rende l’intolleranza meno costosa. Alcuni sostenitori dello zoning hanno richiesto la divisione delle ville residenziali dagli appartamenti per lavoratori a basso reddito. “Questi complessi cadenti contengono centinaia di persone con un’educazione e con abilità economiche molto limitate, con sistemi di valore completamente estranei alla maggioranza dei proprietari di case ”, si è lamentato il vicepresidente del “Committee to Zone the City” nell’agosto del 1990. In altre parole, non è solo l’errato tipo d’uso dei terreni che è “incompatibile” con le case unifamiliari, ma anche un errato modo d’essere delle persone. Tali tentativi di escludere i poveri, invece, non possono prevalere quando i diritti di proprietà dei padroni dei terreni sono tutelati.

I costi morali

Lo zoning rende più costoso realizzare attività commerciali e trovare alloggi, ma il maggior costo della zonizzazione è di tipo morale. Essenzialmente, la zonizzazione garantisce a un gruppo di impiegati pubblici e privati cittadini privilegiati il libero esercizio del potere statale, il quale impone i propri schemi sull’uso della proprietà di qualcun altro. Questo processo inficia il diritto basilare dell’individuo all’autodeterminazione. Votando contro lo zoning, gli abitanti di Houston hanno rafforzato le loro pretese su quel diritto.





Regione Toscana – Approvata la legge straordinaria sull’edilizia

6 05 2009

villetta

La legge straordinaria sull’edilizia è stata approvata dal consiglio regionale.

Tempi record per il provvedimento frutto dell’accordo del 31 marzo scorso in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Enti locali. Le Regioni avevano 90 giorni di tempo, la Toscana è arrivata per prima precedendo anche il governo che si era impegnato a presentare il decreto legge sulla semplificazione amministrativa. La (proposta di , n.d.s.) legge regionale 339 “Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente” entrerà in vigore alla fine del mese. Chi ha già nel cassetto i progetti edilizi che intende realizzare può rivolgersi al proprio comune al quale presentare una Dia (Dichiarazione di inizio attività); la legge rimarrà in vigore fino al 31 dicembre 2010. Sono ammessi interventi straordinari di ampliamento di case che al 31 marzo 2009 hanno le seguenti caratteristiche: tipologia mono o bifamiliare oppure tipologia con superficie utile lorda non superiore a 350 metri quadrati. L’ampliamento è consentito fino al 20 per cento della superficie utile lorda di ciascuna unità immobiliare per un massimo complessivo dell’edificio di 70 metri quadrati di superficie utile lorda. Sono ammessi inoltre interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici abitativi con aumento fino al 35 per cento della superficie utile lorda. Gli immobili dovranno risultare regolarmente accatastati. Sono esclusi quelli che si trovano nei centri storici, quelli definiti di valore storico, collocati in aree inedificabili, in parchi e riserve o in aree soggette a piani attuativi. Le parti in passato condonate vengono sottratte dalla percentuale proposta per l’ampliamento. Le misure contenute nella (proposta di , n.d.s.) legge 339, ha detto l’assessore all’urbanistica, coniugano due esigenze: il rilancio dell’edilizia e quindi di una parte importante dell’economia e nello stesso tempo promuovono la riqualificazione del patrimonio urbanistico. Due esigenze che possono essere soddisfatte rispettando le regole dell’urbanistica toscana.

La nuova legge straordinaria per l’edilizia risponde alle esigenze di numerose famiglie toscane e offre occasioni di investimento. Nuove possibilità di sviluppo per un settore un crisi e per le piccole medie imprese edili molte delle quali sono nate negli anni novanta. Aumento delle superfici costruite e delle volumetrie ma nei limiti già previsti dalla pianificazione. La normativa pone vincoli e condizioni, ha sottolineato l’assessore, gli interventi di ampliamento, demolizione e ricostruzione, sono ammissibili solo se si muovono nell’ambito dei piani regolatori, degli strumenti urbanistici dei comuni e solo se privilegiano criteri di sostenibilità ambientale, di efficienza energetica, rispettano la normativa antisismica e prevedono l’eliminazione delle barriere architettoniche.

La (proposta di , n.d.s.) legge 339 non è una misura isolata. E’ un tassello importante di un pacchetto di provvedimenti che delineano una qualificata strategia della Regione Toscana sui temi dell’urbanistica e del paesaggio, della casa e dell’edilizia sociale. La legge approvata oggi, ha ricordato l’assessore, è il primo dei tre provvedimenti, la Giunta si è mossa con rapidità; entro la fine di maggio il consiglio regionale dovrebbe approvare anche il provvedimento che adegua il Pit (Piano di indirizzo territoriale) al piano paesistico e il piano per l’edilizia residenziale pubblica. Se l’elaborazione e l’approvazione della legge è stata rapida e ha riscontrato la soddisfazione generale è merito anche delle intese e degli accordi tra la Regione e gli enti locali che sono poi i protagonisti della gestione di questi provvedimenti. In proposito l’assessore all’urbanistica ha sottolineato il valore e la tempestività del patto Regione Toscana, Anci, Uncem, Upi sottoscritto il 22 aprile nonché le precedenti intese sul Pit. Accordi e intese che, a giudizio dell’assessore, garantiscono la difesa dei caratteri della pianificazione urbanistica in Toscana.

Da RegioneToscana





Toscana Infelix

21 04 2009

no

No al piano San Donato

È no al piano di recupero per l’ex area Fiat. E dunque al multiplex. Dopo la diffida arrivata in Comune, da parte della proprietà Immobiliare Novoli, il documento è arrivato in aula per il voto: 16 i favorevoli, tutti dall’ala del Pd; 21 i contrari, Verdi, La Sinistra, e le opposizioni; e due astenuti, i consiglieri democratici Claudia Livi e Dario Nardella. Il vecchio piano, firmato nel 2001, era scaduto dallo scorso luglio. L’Immobiliare Novoli aveva presentato la richiesta di alcune modifiche, fra cui l’aumento delle volumetrie per il multiplex.

IL PIANO TORNA INDIETRO – Prima che partisse l’inchiesta giudiziaria, la giunta comunale ha approvato il nuovo piano. Ma nella maggioranza sono maturati dubbi. Insieme ad una grossa mobilitazione nella società da parte degli esercenti dei cinamatografi e comitati cittadini. Così la commissione urbanistica ha deciso di riportare il piano al 2001. Non abbastanza però per convincere i consiglieri sull’esigenza di approvarlo. Il piano non è passato dal voto in consiglio e ora rimangono bloccati tutti gli interventi non ancora avviati: l’area ovest del parco di San Donato, sette edifici pubblici e quattro residenziali. «È stato bloccato il piano di recupero – ha commentato Rosa Maria Di Giorgi, capogruppo Pd – ma non è stato bloccato il multiplex, perchè sono già stati consegnati alla magistratura tutti gli elementi necessari e quindi il Comune non ha alcun motivo e alcuna possibilità di tenere bloccato nulla; sarebbe illegittimo. È stato un voto ideologico».

LA PROTESTA FUORI DAL PALAZZO – No alla sanatoria del Multiplex di Novoli a Firenze, struttura in costruzione e attualmente sotto sequestro. Lo hanno chiesto, con un presidio davanti all’ingresso di Palazzo Vecchio, un gruppo di cittadini, presenti, tra gli altri, la consigliera comunale di Unaltracittà/unaltromondo Ornella De Zordo, il vignettista Sergio Staino, Tommaso Grassi e Mauro Romanelli dei Verdi, Maurizio Paoli dell’Anec. I partecipanti al presidio avevano uno striscione con scritto «Più idee, meno multiplex» e un cartello con la scritta «Risaniamo la città, non saniamo gli illeciti» «Il consiglio comunale – ha spiegato De Zordo – voleva votare una delibera, sull’area ex Fiat, che di fatto avrebbe sanato il Multiplex. Ma non dimentichiamo che su questa struttura sta indagando la magistratura e l’amministrazione dovrebbe astenersi dal votare atti».

Da Corrierefiorentino





“Lavoratori…!!!”

20 04 2009

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Maggioranza divisa, salta il piano strutturale

Il piano strutturale di Firenze, atto tra i più importanti del mandato, avrebbe dovuto essere approvato definitivamente oggi: è saltato

Il piano strutturale di Firenze, atto tra i più importanti del mandato, concepito fin dal 2000, adottato due volte (nel 2004 e nel 2007) dal consiglio comunale e che tra oggi e mercoledì, in una seduta maratona dell’assemblea prima dello scioglimento, avrebbe dovuto essere approvato definitivamente, è saltato. «Ho preso atto – ha spiegato il sindaco Leonardo Domenici incontrando i giornalisti – che non ci sono le condizioni politiche per approvarlo e che l’avvicinarsi delle elezioni condiziona il dibattito. Per noi il prodotto è ottimo e lo consegniamo finito alla prossima amministrazione».

SPACCATURA NELLA MAGGIORANZA – La discussione del piano era già stata sospesa nei mesi scorsi a causa dell’inchiesta sull’urbanizzazione dell’area di Castello e oggi si è ufficializzata la spaccatura della maggioranza: se l’atto fosse arrivato in aula i Verdi avrebbero votato contro, Ps e La Sinistra non avrebbero partecipato al voto, al contrario di quanto detto fino alla scorsa settimana, e il Pd aveva quindi i numeri a rischio. «Il piano strutturale – ha detto Domenici – è talmente importante che non può andare in consiglio senza retE e senza la certezza di poterlo approvare». Durante la mattina Domenici ha incontrato esponenti del Pd e della maggioranza, il candidato sindaco Matteo Renzi (con il quale, ha detto, «c’è una perfetta coincidenza di vedute»), per capire se esistevano le condizioni per andare ad un voto sicuro, ma i colloqui hanno dato esito negativo e la votazione è saltata.

E FUORI DAL PALAZZO, PIANO STRUTTURALE IN COMMEDIA – Il piano strutturale, quasi come fosse un poema, declamato e anche mimato, davanti all’ingresso di Palazzo Vecchio, da tre docenti e urbanisti Ilaria Agostini, Roberto Budini Gattai, Daniele Vannetiello. Il presidio, sotto forma di lezione, si è svolto dopo che il voto per l’approvazione dell’atto è stato definitivamente rimandato. I docenti, con megafono e leggio con i loro interventi dal titolo «Le perle nere del piano strutturale» hanno messo in luce quelle che secondo loro sono le contraddizioni contenute nel documento. Alle loro spalle, appesi sui muri di Palazzo Vecchio, due striscioni con le scritte «Basta speculazione e cemento. No al piano strutturale. Riprendiamoci la città». E «No all’urbanistica della vergogna». I tre docenti assieme al prpfessor Giorgio Pizziolo nei giorni scorsi hanno deciso di presentarsi per sostenere la candidatura di Ornella De Zordo a sindaco di Firenze per la lista ’Per Unaltracitta». «Anni di battaglie e mobilitazioni – ha commentato De Zordo in merito allo stop del piano strutturale – messe in atto da Cittadinanza Attiva e forze sociali, sono riuscite finalmente a fermare questo pessimo piano strutturale. Averlo fermato significa aver salvato la città dalla cementificazione selvaggia di 4,5 milioni di metri cubi di edificazioni, senza contare 1,4 milioni previsti per l’area di Castello». Poco distante, sempre davanti a Palazzo Vecchio, alcuni lavoratori della Seves (multinazionale del vetro che ha messo in cassaintegrazione 110 dipendenti su 170 nel suo stabilimento di Firenze) hanno distribuito alcuni volantini per informare sulla loro situazione.

Da Corrierefiorentino





Emergenza Casa

10 04 2009

Superadobe Domes

Superadobe Domes

Shigeru Ban

Shigeru Ban

Michael Hoenes

Michael Hoenes

E’ già successo per i terremoti di Kobe in Giappone, nel 1995, e dello Sichuan in Cina nel 2003. Ecco, insieme a ricerche più sperimentali, alcuni esempi di case d’urgenza contemporanee utilizzate con successo per fronteggiare situazioni di emergenza.

Diciamo la verità: l’inizio del terzo millennio si è manifestato con una serie di eventi che hanno portato in primo piano la parola emergenza: terremoti, alluvioni, migrazioni, tsunami, attacchi terroristici, guerre, crisi economiche. Il pericolo di perdere la propria casa sembra essere una paura diffusa e sempre più frequentemente l’architettura sperimenta forme abitative provvisorie che hanno a che vedere col concetto contemporaneo di rifugio. Spesso interpretando in chiave contemporanea l’icona della casa tradizionale. Qualcosa di simile era successo negli anni ‘50 con la paura della bomba atomica e il proliferare di rifugi in cemento armato da installare sotto le case.

Oggi le paure sono di più e più indefinite e i bunker domestici non sembrano più sufficienti a rispondere all’ansia degli abitanti delle metropoli contemporanee. Non stupisce dunque che, a proposito di casa, insieme al tema della sostenibilità oggi si parli di rifugio. Con un diretto riferimento alle necessità primarie dell’abitare coniugate con concetti quali mobilità, leggerezza, smontabilità, ecologia, riciclo, reversibilità.

Da Corriere.it





Ampliamenti del 20%

2 04 2009

ampliamento12

Il bavarese Stefan Eberstadt ha voluto trasmettere un euforico entusiasmo costruttivo con la realizzazione della Rucksack House, la casa zaino. Una scultura walk-in itinerante appesa alla facciata di un edificio ed ancorata al tetto con dei tiranti d’acciaio. È un’aggiunta architettonica di nove metri quadrati che è stata “agganciata” a diversi edifici in Germania.